Vescovo vicino in mille concreti modi alla sofferenza del suo popolo. Leader globale capace di spingere verso un nuovo paradigma sociale e ambientale. Guida ferma nel fare della Chiesa sempre più un ospedale da campo e un cantiere di pace per l’umanità. Con il suo atteggiamento pragmatico e profetico nell’affrontare il Covid e tentare di disegnare un mondo migliore per il dopo pandemia, papa Francesco si è confermato pastore a cui i fedeli hanno guardato quotidianamente per avere sostegno e orientamento, mentre aumentava il numero di quanti, anche atei, o agnostici, o di altre confessioni e religioni, si rivolgevano a lui come a un interlocutore affidabile nella collaborazione a sostegno della umanità e delle società malate. Paradossalmente, con il coronavirus la sua “popolarità” è cresciuta e si è rafforzata in un momento in cui alcuni invece avevano indicato il pontificato in fase calante.
Per il mese di luglio, come di consueto, sono sospese le udienze generali, mentre da settimane si è conclusa la trasmissione in tv della messa del mattino a Santa Marta, che tanto hanno avvicinato la predicazione di papa Bergoglio ai fedeli in ogni parte del mondo, mettendo a loro disposizione un annuncio radicalmente evangelico e ricco di fermenti spirituali. Giunge dunque propizia in questi giorni la lettura di “Vuoto a credere”, del vaticanista Enzo Romeo. Il libro, (edito da Ancora, 93 pagine, 13 euro) è un diario dei gesti e delle parole con cui papa Francesco ha accompagnato l’umanità malata dal 26 gennaio al 3 maggio, nella prima fase della diffusione del coronavirus e della clausura, “lockdown” , e dei tentativi di arginarlo e contrastarlo.
Il tempo sospeso, e il senso di vuoto, vissuti durante la clausura da pandemia, constata Romeo, hanno generato “un bisogno di spiritualità e si senso, sfociati anche in forme di religiosità desuete. Ma non di vuoto si è trattato, quanto piuttosto di una scintilla di fede nuovamente scoccata, di una nuova consapevolezza di essere una unica famiglia umana”. L’interpretazione di questi mesi come “vuoto a credere” è suggestiva, e offerta alla sensibilità dei lettori, per una riflessione sulla esperienza totalmente nuova e comune a tutti gli uomini che ci siamo trovati a vivere a causa della pandemia.
Ma la cronaca puntuale e intelligente di gesti e parole di papa Bergoglio, getta luce anche su quella che possiamo chiamare la “popolarità” di papa Francesco, registrando i modi con cui questi è venuto incontro al dolore e alle difficoltà quotidiane, raccontando come ha saputo vedere e cogliere tutti i giorni i problemi che emergevano in ogni ambiente o categoria sociale, intreccia la predicazione con la sollecitudine concreta, il pastore con l’uomo di governo che orienta la chiesa verso le necessità spirituali e materiali dell’umanità verso cui si china, e insieme pone problemi alla “governance” mondiale.
L’annuncio radicalmente evangelico, la carità concreta, la capacità di cogliere domande e bisogni più veri di ogni uomo, nella sua diocesi e in ogni parte del pianeta, sono una verità profonda dell’uomo e del papa dal primo giorno di pontificato, emersa con evidenza difficilmente negabile nei mesi della pandemia.
© 2019 Giovanna Chirri