Come ha ricordato mons. Jean-Claude Hollerich, Robert Schuman, “il padre della integrazione europea, non aveva nulla di particolarmente carismatico”, mentre “oggi per essere eletti occorre un’influenza mediatica. I testi complessi risultano misteriosi per molti giovani elettori. Sono i media, i videoclip sui mezzi di comunicazione, su internet, che portano voti”.
L’osservazione del presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea, – ineccepibile e particolarmente inquietante in vista dei risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento della Ue – mi ha fatto venire in mente la reazione di Winston Churchill alla notizia dell’attacco di Pearl Harbour. (In “Memoirs of The Second World War”, Houghton Mifflin Company, pag. 505).
La sera del 7 dicembre 1941, era una domenica, il premier britannico accende la radio per il notiziario delle nove (trasmesso dalla BBC) e apprende che i giapponesi hanno attaccato gli americani. Si dirige verso lo studio per telefonare al presidente statunitense Roosevelt e per stilare una dichiarazione: l’11 novembre, in visita alla Casa Bianca, Churchill aveva infatti dichiarato pubblicamente che se i giapponesi avessero attaccato gli americani, entro un’ora ci sarebbe stata la dichiarazione di guerra britannica al Giappone. L’ambasciatore lo segue nello studio e gli chiede se, trattandosi di una situazione così grave, non voglia cercare qualche conferma. Ma in due o tre minuti Churchill riesce a parlare al telefono con Roosevelt, e stende la dichiarazione di guerra. In tempi di “bufale” e “notizie” false e strumentali, questo episodio mi fa sempre riflettere su quanti chilometri di autorevolezza e affidabilità dovrebbe recuperare il sistema dell’informazione per fornire un servizio effettivo alla politica, all’opinione pubblica e alla vita sociale.
Totalmente privo di carisma e di “appeal” mediatico, Schuman è però un grande, anche perché inventore della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), embrione della Ue. E’ sempre mons. Hollerich, – che è arcivescovo di Lussemburgo – a spiegare la complicata questione, nel suo recente editoriale su Civiltà cattolica. Che francesi e tedeschi si siano contesi a lungo la Lorena lo ricordiamo dai tempi di scuola, meno vivido forse il ricordo del perché: il bacino minerario della Lorena e del Lussemburgo poteva essere sfruttato solo utilizzando il carbone del bacino della Saar. Nel 1918, con la Lorena tornata francese, si crea la situazione che contribuirà alla successiva guerra mondiale. E nel ’45, con la Saar che stava per optare per la Germania, Schuman, “nato in Lussemburgo da padre lorenese e da madre lussemburghese” comprende che “le sfide economiche avrebbero potuto condurre verso una terza guerra”. Così concepisce un piano grazie al quale, spiega Hollerich, “la collaborazione economica e la cessione di una parte della sovranità sarebbero stati preferibili a uno scontro economico che, secondo le lezioni della storia, avrebbe potuto portare a nuovi conflitti armati”. Nacque così la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, con sede in Lussemburgo, composta da Francia, Germania, Italia e Paesi del Benelux.
“Questo – segnala il vescovo cattolico – fu un tentativo tra gli altri di politiche comuni in Europa, che ebbe successo perché si trattava di un progetto di pace che teneva conto delle concrete politiche industriali necessarie per condurre una guerra”.
© 2019 Giovanna Chirri