La Chiesa cattolica è in crisi, soprattutto in Europa, ma non solo. E il suo declino ne ipoteca il futuro. Lo constata Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, nel suo ultimo libro, “La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo”, (Laterza, 248 pag, 20 euro), dove il titolo lascia aperta la possibilità di futuro, e il testo fornisce una analisi storica e sociologica del declino della Chiesa cattolica, dagli anni precedenti il Concilio fino ad oggi. L’indicatore principale di questa crisi è la costante e progressiva diminuzione del numero dei sacerdoti, insieme alla decrescita della pratica religiosa. Il crollo verticale delle vocazioni femminili, da sempre pilastro delle attività caritative ecclesiali, poi, non è che un aspetto del problema non più rimandabile del ruolo della donna nella chiesa. In almeno due passaggi l’autore spiega chiaramente che per un cristiano sussiste sempre la speranza che cessi il declino e si mantenga la fede, ma che lo storico non può fare a meno di descrivere una realtà “preoccupante”. L’analisi è dettagliata, non si limita a cogliere i numeri del declino, ma descrive i contesti storici e sociali in evoluzione in cui la Chiesa opera, e rintraccia i movimenti di ripresa di spiritualità e ricerca di senso tra i contemporanei. L’autore racconta inoltre i fermenti e la ricerca di nuovi percorsi che, dal Concilio Vaticano II in poi, accompagnano la Chiesa anche in presenza di numeri sempre più ridotti. Per il presente, inoltre, registra in Italia la riduzione dell’anticlericalismo e una maggiore simpatia nei confronti della Chiesa anche da parte di non credenti o fedeli di altre religioni. Di fronte alla fine della “dominazione” delle chiese cristiane storiche nei diversi paesi europei, al loro passaggio da chiese di Stato a minoranze, lo storico cerca i segni di un nuovo modello ecclesiale per il futuro.
La scrittura è accattivante e l’analisi è precisa e intelligente, e lo è anche a proposito del ruolo di papa Francesco, oggi che il papato è “ancora una risorsa” ma la rinuncia al pontificato di Benedetto XVI – sostiene Riccardi in modo non del tutto condivisibile – ha indebolito la devozione delle persone verso il pontefice. Con franchezza lo storico pone anche il quesito se i 27 anni di regno carismatico di Karol Wojtyla siano stati una eccezione o una illusione nella storia della Chiesa contemporanea. Nel testo ci sono alcune interessanti osservazioni circa il ruolo di papa Francesco durante la pandemia, in particolare con la preghiera silenziosa in piazza San Pietro a marzo dell’anno scorso, e di contro la non reazione della Chiesa italiana al divieto di celebrare imposto nel 2020 dal governo. La Chiesa per Riccardi ha taciuto non per volontà, ma perché non ha trovato parole adatte, e questo indicherebbe il passaggio dalla ingerenza alla irrilevanza. Ricordo che anche le altre confessioni e religioni presenti in Italia hanno accolto le disposizioni del governo italiano che limitavano le celebrazioni senza polemiche e con poca attenzione al pericolo di veder limitata la propria indipendenza sui temi religiosi. Più che di mancanza di parole, si è trattato probabilmente di una rinuncia dolorosa in nome della salute di tutti, una scelta per il bene comune che ha tenuto per sé o comunque non ha enfatizzato le preoccupazioni per il ruolo istituzionale delle religioni e per la libertà di culto. Man mano che ci allontaniamo dalla pandemia, le analisi dovranno dedicarsi di più al ruolo svolto dalle aggregazioni religiose per sostenere le persone e i più fragili durante l’emergenza. E a proposito delle parrocchie cattoliche, questa analisi fornirebbe elementi utili circa le sfide e le risposte che la Chiesa si trova ad affrontare e cercare, e che il fondatore di Sant’Egidio descrive soprattutto per quanto riguarda le chiese europee. Proprio nelle parrocchie infatti si sono realizzati in questi mesi più che in passato percorsi di rinnovamento, nel senso dell’inclusione degli ultimi e della socialità rivolta a altri credenti e ai non credenti.
Sulla dimensione sacramentale della crisi ha insistito Romano Prodi nella presentazione del libro organizzata dall’editore Laterza, presenti in streeming anche l’autore e lo scrittore e giornalista non credente e definitosi “spinoziano” Corrado Augias. Questi ha rilevato come segni di speranza per la società l’interesse odierno di tanti giovani per la sfera spirituale e per l’ecologia, per una religione senza “dottrina e catechismo”. Ma, come ha ricordato Prodi – il cattolico adulto tanto bistrattato dalla Chiesa di Ruini all’epoca dei valori non negoziabili – “qui parliamo di crisi della dimensione sacramentale della Chiesa”: se non ci sono preti per celebrare i sacramenti e la messa si celebra due volte l’anno, allora “il problema è serio”.
Parlare di crisi della Chiesa suggerisce al lettore l’idea di crisi come opportunità, una impostazione ignaziana che permea tutto l’insegnamento di Jorge Mario Bergoglio, riecheggiata anche nell’ammonimento papale a non uscire dalla pandemia peggiori di come vi siamo entrati. E di crisi globale papa Francesco ha parlato senza mezzi termini nel discorso alla curia per gli auguri del 2020. La crisi per il papa gesuita può creare opportunità, destabilizza e prepara nuovi equilibri, se non c’è crisi non c’è vita, e soprattutto, la crisi chiama alla speranza, perché una lettura della realtà senza speranza per il cristiano non è realistica.
Ecco quindi che i suggerimenti di Riccardi alla Chiesa europea e occidentale per cercare di uscire dalla crisi e cancellare quella “mancanza di entusiasmo” e quella “patina grigia” che la avvolge, si avvicinano al disegno di una chiesa in uscita, meno potente e più fraterna, che papa Bergoglio ha in mente per la Chiesa che è ormai Chiesa globale, sfidata dalla globalità e in cerca di risposte globali.
© 2019 Giovanna Chirri