UNA RIFLESSIONE DOPO AVER LETTO “NOSTRA MADRE TERRA” DI PAPA FRANCESCO, CON PREFAZIONE DEL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI, BARTOLOMEO, PUBBLICATO DALLA LEV
Tra le stranezze a latere del sinodo sulla Amazzonia c’è stato il tentativo di contrapporre i due ultimi papi sul terreno della custodia del creato, interpretando Francesco come un ambientalista disincarnato ed estraneo alla teologia morale di Benedetto. La sensibilità di papa Ratzinger per questo tema era invece talmente esplicita che ancora prima del tessuto della sua enciclica “Caritas in veritate” e ancora prima dei pannelli solari istallati nella Città del Vaticano durante il suo regno, mi è venuto in mente l’appello che Benedetto XVI, sul volo che lo portava a Sidney per la Giornata mondiale della gioventù del 2008, rivolse ai giovani di tutto il mondo per una alleanza in difesa del pianeta.
La “Caritas in veritate”, pubblicata nel 2009, resta comunque uno snodo nella dottrina sociale della Chiesa in prospettiva ecologica: Benedetto XVI riflette sugli eccessi della globalizzazione, che mette in crisi i nostri modelli economici e di sviluppo, le nostre strutture sociali e perfino la base materiale dell’esistenza sulla terra. Sulla scia dei suoi predecessori, papa Ratzinger inscrive le sfide ecologiche nella sfera della morale: la deturpazione del mondo è anche una contestazione – più o meno consapevole – del progetto di Dio per l’essere umano e per tutta la creazione.
La marcia in più di papa Bergoglio in ambito “verde” sta a mio avviso nel taglio pragmatico della sua enciclica “Laudato sì”, che ha creato un movimento globale di impegno ecologista, coinvolgendo anche autorità politiche e istituzioni soprattutto dei paesi maggiormente danneggiati dagli effetti del cambiamento climatico. Ma questo approccio operativo e di mobilitazione delle religioni per la salvezza del pianeta ha un precursore in Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli che nel 2002 spinse Giovanni Paolo II a firmare la “Dichiarazione di Venezia” .
Il documento sottoscritto da papa Wojtyla e dal patriarca di Costantinopoli invitava gli uomini del nostro tempo a una urgente conversione degli stili di vita per rifondarli su “un comportamento etico nei confronti dell’ambiente che si fondi sulla nostra triplice relazione a Dio, a noi stessi e alla creazione”. Bartolomeo inoltre dalla fine degli anni Novanta ha cercato di coinvolgere i media e le opinioni pubbliche in una opera di sensibilizzazione per la salvaguardia del creato. Ricordo che per questo impegno il patriarca si attirò anche incomprensioni e qualche ironia, e la sua preoccupazione per il pianeta talvolta non fu compresa nel suo significato più profondo, e profondamente cristiano.
Anche per questo ho letto con interesse “Nostra Madre Terra”, con testi di papa Francesco – tra cui un inedito – e con prefazione, a mio avviso preziosa, del patriarca Bartolomeo. Con questo libro – e con un altro sulla preghiera prefato dal patriarca di Mosca Kirill – la Libreria editrice vaticana (Lev) ha inaugurato la collana “Scambio di doni”, di dichiarata “vocazione ecumenica”.
Nella prefazione il patriarca ecumenico di Costantinopoli, punto di riferimento delle chiese ortodosse nel mondo, afferma, tra l’altro, che per rimediare alla accelerazione della crisi ambientale “siamo chiamati a tornare a uno stile di vita ascetico ed eucaristico, cioè ad essere riconoscenti rendendo gloria a Dio per il dono del creato e allo stesso tempo rispettosi nell’esercizio della propria responsabilità personale all’interno e in favore della rete di relazioni della creazione”.
Oltre alla radice teologica dell’impegno ecologico la prefazione di Bartolomeo spiega – e qui sta, credo, un notevole motivo di interesse- come dalla amicizia con papa Francesco e dal lavoro comune sul tema ambientale e su tanti altri problemi, in primis migranti e povertà , sia scaturita una nuova efficacia dell’azione dei cristiani nel fronteggiare e cercare di risolvere le crisi del mondo contemporaneo: “Non avremmo potuto immaginare – scrive il patriarca di Costantinopoli – le ripercussioni globali di un autentico servizio per i diritti umani e la giustizia sociale che sarebbero emersi dal nostro amore e dalla sollecitudine per la creazione di Dio”. Rispetto alla sfida ambientale, il patriarca nutre così “ottimismo”, per il fatto “che non siamo soli nella nostra risposta e nella nostra responsabilità…”, “non c’è solo la certezza della grazia del Signore, abbiamo anche la solidarietà dei nostri fratelli e delle nostre sorelle”. “E’ ciò che abbiamo imparato dalla relazione con l’amato papa Francesco, insieme al quale condividiamo l’impegno per la speranza di tutti i popoli e una gioia per la guarigione del nostro pianeta”.
Tornando invece all’inedito di papa Francesco, questi sottolinea che gli impegni concreti in difesa dell’ambiente, pur essendo necessari e doverosi, non sono sufficienti: “L’ecologia – scrive il papa latinoamericano – è ecologia dell’uomo e della creazione tutta intera, non solo di una parte”; la “crisi del nostro tempo va affrontata dalle radici”; “il cammino proposto consiste allora nel ripensare il nostro futuro a partire dalle relazioni: gli uomini e le donne del nostro tempo hanno tanta sete di autenticità, di rivedere sinceramente i criteri della vita, di ripuntare su ciò che vale, ristrutturando l’esistenza e la cultura”. Sulle orme di san Francesco d’Assisi, papa Bergoglio invita cioè a una “vera ecologia umana, perché ha il sapore del modo in cui Dio salva il mondo. Ecco – conclude – la mia grande speranza per il nostro tempo”.
© 2019 Giovanna Chirri