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MCCARRICK, 40 ANNI DA PREDATORE IN UNA CHIESA CHE NON VEDE LE VITTIME E TEME LO SCANDALO

COSA INSEGNA L’INCHIESTA VOLUTA DA PAPA FRANCESCO DOPO LE ACCUSE DI VIGANO’
Letto il Rapporto si comprende davvero la condanna insistente di papa Francesco del clericalismo nella Chiesa e i suoi ripetuti inviti a vivere l’episcopato come servizio e non come potere. E’ questo uno dei motivi di interesse del “Rapporto sulla conoscenza istituzionale e il processo decisionale della Santa Sede riguardante l’ex cardinale Theodore Edgar McCarrick”. Il documento prova che né Benedetto XVI, né papa Francesco fino al 2018, erano a conoscenza di accuse di abusi su minorenni compiuti dal cardinale McCarrick, e che papa Francesco, non appena conosciuta una accusa in tal senso, ha avviato il percorso che ha portato alla condanna di McCarrick e alla esclusione di questi da sacerdozio e cardinalato. Cioè il Rapporto dimostra la infondatezza delle accuse di insabbiamento rivolte nel 2018 da mons. Carlo Maria Viganò al papa regnante, insieme con l’invito a dimettersi. Accuse che hanno spinto Bergoglio a decidere la inchiesta interna sfociata nel Rapporto. Ma con le sue 447 pagine di testo e sei di indici, con l’esame e il rimando a centinaia di documenti rintracciabili negli archivi della Santa Sede, di diocesi, enti e associazioni e con più di novanta interviste a vittime, denuncianti, ecclesiastici, avvocati, il documento pubblicato il 10 novembre e curato dalla Segreteria di Stato della Santa Sede getta luce sulla intera vicenda dell’ex arcivescovo di Washington e ecclesiastico statunitense tra i più apprezzati e brillanti della sua generazione. Consente inoltre una valutazione degli errori compiuti dalla Chiesa nei decenni scorsi e dei rimedi che – a partire da Benedetto XVI e con una accelerazione dopo il 2018 con Francesco – si sono messi in campo per affrontare in modo efficace la piaga degli abusi sessuali del clero sui minori e sulle persone fragili. Piaga che gli ultimi tre papi hanno sempre cosiderato un crimine.
Si prendono qui in considerazione solo alcuni aspetti illuminati dal documento e in cui lo sguardo della Chiesa è sensibilmente mutato nel corso degli anni: l’ascolto delle vittime, il peso di clericalismo e abusi di potere, la valutazione delle denunce anonime, la evidenza della devastazione che produce in un seminarista o in un sacerdote l’essere abusato da un vescovo.
La prima accusa di abuso su un minore con una vittima identificata, riguarda un caso degli anni Settanta, ed è arrivata alla diocesi di New York, di cui all’epoca dei fatti Theodor McCarrick era vescovo ausiliare, a giugno del 2017. E’ da questa denuncia, – grazie ai protocolli anti abusi, alle linee-guida richieste dalla Santa Sede, alle norme emanate da Ratzinger e Bergoglio e alla nuova cultura anti abusi che si fa faticosamente strada nella Chiesa, – che si è arrivati all’accertamento della verità delle accuse e al dimissionamento del porporato americano.
Ma non è che nei circa cinquanta anni in cui McCarrick ha fatto una brillantissima carriera ecclesiastica non fossero giunte alla Chiesa accuse, sia anonime che non. Sia di abusi su minorenni che su giovani seminaristi.
Nell’85 o ’86 (la testimone non ricorda con precisione la data) quella che il Rapporto identifica come “Madre 1”, spedisce lettere a molti esponenti di spicco della gerarchia ecclesiastica statunitense, tra cui il nunzio Pio Laghi e l’arcivescovo di Chicago Joseph Bernardin, denunciando comportamenti inappropriati di McCarrick, all’epoca vescovo di Metuchen, nei confronti dei suo figli minorenni e di loro compagni. McCarrick dagli frequentava questa famiglia cattolica che viveva nell’area di New York dagli inizi degli anni Settanta, quando i figli erano piccoli, e c’era anche un neonato. Madre 1 nel tempo, aveva percepito gli atteggiamenti del vescovo verso i figli adolescenti, come equivoci, e pericolosi, tanto più che il presule portava i giovani in gita, e in queste occasioni faceva loro bere alcolici. E notava come “lo zioTed”, come il vescovo voleva essere chiamato, “aveva uno strano interesse per i ragazzi e nessuno per le ragazze”. Un giorno aveva visto McCarrick, in pubblico, toccare insistentemente e prolungatamente l’interno delle cosce dei ragazzi. Ma il marito, un immigrato irlandese che “venerava i preti”, sembrava non rendersi conto del problema. “Mio padre viveva per la fede, il lavoro e la sua famiglia”, e forse sentiva come un onore le attenzioni del vescovo per noi, ha spiegato uno dei figli, ormai adulto, nelle interviste effettuate per stilare il Rapporto. Così Madre 1 scrive ad insaputa del marito e dei figli piccoli; temendo ritorsioni sui propri figli scrive in forma anonima, e senza fornire dettagli sulla sua famiglia e sulle altre coinvolte nella situazione, non dice di essere una madre, ma dichiara di aver assistito con i propri occhi a comportamenti inappropriati di McCarrick con minorenni. Va a Metuchen dove McCarrick era ora vescovo, prende in biblioteca dall’Annuario cattolico nomi e indirizzi dei cardinali americani, scrive a mano una lettera per ognuno di loro e le spedisce in una cassetta della posta vicina al vescovado. Madre 1 attende una reazione ecclesiastica, ma il tempo passa e non succede nulla. “Avevo la sensazione – ha dichiarato nelle interviste per il Rapporto – che si trattasse solo di un club di uomini in cui tutti sapevano e avevano ignorato la cosa. E poi ho pensato, o temuto, che fossero in realtà coinvolti. E ho iniziato a dubitare che qualcuno avrebbe fatto qualcosa a riguardo”. Nessuna delle lettere scritte da Madre 1 a metà anni Ottanta è stata trovata né negli archivi diocesani né in quelli della Santa Sede, e Madre 1 crede che siano state distrutte perché giunte in forma anonima. Madre 1 nella sua testimonianza per il Rapporto, spiega di aver comunque scritto con chiarezza che erano i bambini ad essere in pericolo, mentre tutte le chiacchiere ecclesiali che accompagnarono McCarrick fino alla nomina ad arcivescovo di Washington e anche dopo, parlavano di comportamenti inappropriati, ma non sessuali, e con giovani uomini, in particolare i seminaristi con i quali il presule ammetteva i aver condiviso il letto, ma solo per dormire.
Colui che il documento vaticano identifica come “Prete 3” nel ’91 fu costretto a un rapporto sessuale da McCarrick, ma non lo disse a nessuno, sentendosi “confuso e spaventato” dato che questi era “suo Superiore” e “sentendosi vulnerabile a motivo del suo status di immigrato in quel momento”. Nei mesi successivi McCarrick tentò di coinvolgerlo in situazioni che il giovane percepiva come pericolose, Prete 3 riuscì ad evitarlo, ma visse molto male. Nel ’93, in confessione, rivelò a padre Lawrence Smith gli abusi sessuali subiti da McCarrick, e il confessore lo incoraggiò a raccontare tutto al vescovo di Metuchen, Thomas Hughes, per metterlo all’erta sui comportamenti di McCarrick, che nel frattempo era diventato arcivescovo di Newark.
Solo nel ’94 Prete 3 trovò il coraggio di fare la sua denuncia al vescovo Hughes, che però si mostrò molto freddo, e gli consigliò di dimenticare la cattiva condotta di McCarrick e di perdonarlo “per il bene della Chiesa.” Prete 3 raccontò a padre Smith dell’incontro ma, affermando di aver accolto il consiglio del vescovo Hughes “nel mio cuore”, non discusse degli episodi con McCarrick con nessun altro, fino a quando non si sottopose a psicoterapia nel 2010. Non vi è alcuna documentazione circa il fatto che mons. Hughes abbia mai parlato a qualcuno del racconto di Prete 3 riguardante la cattiva condotta di McCarrick.
Nel ’92-93 arrivarono a vari prelati e istituzioni cattoliche americani sei lettere anonime, rimaste tali, dove si accusava McCarrick di pedofilia o incesto. Il card. Joseph O’Connor, arcivescovo di New York, ne informò l’accusato, che suggerì di far intervenire l’FBI per scoprire chi fosse il mittente. McCarrick ne parlò anche con il nunzio Agostino Cacciavillan e con il proprio consiglio presbiteriale. Ci fu pure una lettera, a firma falsa Joseph Welan, che denunciava problemi di omosessualità nel seminario e atti illeciti da parte del vescovo. Tutto il carteggio girò tra l’accusato e i vertici della Chiesa americana e McCarick veniva sempre trattato come un calunniato e gli accusatori come nemici della Chiesa. Ma in occasioni successive in cui i vescovi americani parlarono di McCarrick con la Santa Sede, non si menzionano mai agli abusi sui minori. Ciò accade sia quando O’Connor è incaricato di verificare l’opportunità che papa Wojtyla in viaggio negli Usa visiti la diocesi di Newark, allora retta da McCarrick, sia quando quest’ultimo è preso in considerazione e poi scartato per promozioni alla sede di Chicago (’97), NewYork (metà ’99 inizi 2000), e una prima volta in quella di Washington (maggio 2000). A Washington infine Wojtyla lo nomina nell’autunno del 2000, dopo aver ricevuto una lettera con cui McCarrick giura sul proprio giuramento di vescovo di non aver nella sua vita mai avuto rapporti sessuali con nessuno, né uomini né donne, né bambini, di non aver mai abusato di nessuno e di aver sempre trattato tutti con rispetto. Anche in questa occasione O’Connor, che si mostra preoccupato di non creare scandalo, aveva corroborato il proprio parere negativo con il fatto che McCarrick era chiacchierato per i suoi comportamenti sessuali con adulti. Sembra che tutto si riducesse contro McCarrick alla sua insana abitudine di dormire con i seminaristi, invitandoli in case dove c’era sempre un letto in meno del necessario. Inspiegabilmente l’episcopato americano non considera questo fatto un problema per i seminaristi, ma una seccante diceria che infanga la Chiesa.
L’abitudine di dividere il letto con giovani uomini cessa con la nomina a arcivescovo di Washington, mentre negli anni come ausiliare di New York, poi vescovo di Metuchen, poi arcivescovo di Newark, sia McCarrick che la sua cerchia, giustificano la nota abitudine come pratica asessuale. Da arcivescovo di Washington McCarrick è poi molto abile a parlare pubblicamente di questa sua passata abitudine, pentendosene ma dandone una versione innocente, come anche a parlare in pubblico delle lettere anonime contro di lui. Sicché nei primi anni Duemila – quando la Chiesa statunitense rischia di essere squassata dalla crisi degli abusi e il suo vertice viene anche ricevuto in blocco da Giovanni Paolo II in Vaticano – l’intera gerarchia americana tratta ancora le accuse a McCarrick come chiacchiere ingiustificate, senza neppure sentire la necessità di avviare una qualche verifica. Altrettanto incomprensibile risulta con la sensibilità di oggi il comportamento del nunzio Gabriel Moncalvo, che da maggio ad agosto 2000 (quando Wojtyla, dopo aver ricevuto la lettera in cui McCarrick si proclama innocente sta riconsiderando la possibilità di nominarlo alla prestigiosa sede di Washington, ndr), compì su mandato di Giovanni Paolo II una indagine tra i vescovi del New Jersey per appurare la fondatezza delle dicerie suMcCarrick. Ebbene il nunzio compie una indagine scrupolosa interpellando quattro vescovi ma, spiega il Rapporto, “oggi si sa che tre su quattro fornirono informazioni incomplete e non accertate”. Peccato che mons. Moncalvo considera attendibili i tre che non lo furono e ignora il quarto. Più o meno lo stesso era successo nel ’93-’94, quando in vista di un viaggio di papa Wojtyla negli Stati Uniti si valutarono le voci contro McCarrick per decidere se includere nel programma papale una visita alla diocesi di Newark. Nei carteggi con Roma e negli Stati Uniti figurano il card. O’Connor, sempre preoccupato di procurare scandalo alla Chiesa, e il nunzio Agostino Cacciavillan. Ebbene, il nunzio valuta come inaffidabili le segnalazioni di madre Mary Quentin, superiora generale di un ordine di suore del Michigan, perché le avrebbe fatte per “promozionarsi”, mentre derubrica come inattendibili i racconti di un prete, che il Rapporto identificherà come Prete 1, che benché finito dallo psichiatra dopo gli abusi subiti, non viene mai trattato come vittima, ma come aggressore.
Nel ’97 uno psichiatra della Pennsylvania, Richard Fitzgibbons, che l’anno prima aveva avuto in cura “Prete 1”, consegna personalmente una nota scritta al segretario della Congregazioni dei vescovi a Roma. Prete 1 aveva raccontato a Fitzgibbons di aver subito avances sessuali da parte di McCarrick in due occasioni, quando era seminarista nella diocesi di Metuchen. E di aver inoltre assistito a un rapporto sessuale tra McCarrick e un giovane sacerdote, alla fine del quale i due si erano reciprocamente confessati.
La denuncia dello psichiatra americano si ferma alla Congregazione per i vescovi, che non era competente per questo caso, e lì rimane. Come nel 2005 rimarrà nel cassetto anche la richiesta del card. Ouellet all’allora nunzio negli Stati Uniti Carlo Viganò di contattare Prete 1 per verificare la attendibilità della prima accusa di abusi di McCarrick su un minore, pervenuta non anonima. Tra l’altro il Motu proprio di papa Francesco del giugno 2016 “Come una madre amorevole” consentirebbe in un caso come questo la decadenza dall’ufficio entro quindici giorni dalla non risposta. Si usa il condizionale, perché la disposizione sembra riguardare i vescovi ordinari, mentre all’epoca l’arcivescovo Viganò era nunzio.
E’ attraverso tanti di questi episodi – in cui tutti temono lo scandalo e nessuno crede alle vittime né pensa al loro dolore e alla devastazione subita dalle loro vite – che quello che poi risulterà essere stato un predatore seriale attivo dagli anni Settanta scalerà in cinquanta anni i vertici della potente e ricca Chiesa statunitense, dipinto dai colleghi, – chi ammirato chi invidioso, – come infaticabile raccoglitore di fondi per la carità della Chiesa, come lavoratore instancabile sui temi delle immigrazioni e del dialogo interreligioso, come ecclesiastico che vanta contatti istituzionali e politici negli Stati Uniti a livello altissimo. Nei primi rapporti, per le nomine a ausiliare di New York e poi ordinario di Metuchen, al massimo qualche ecclesiastico interpellato ne segnala la “ambizione eccessiva e mancanza di schiettezza”, oppure la “debolezza pastorale”. Quando è candidato per prestigiose sedi vescovili altri vescovi mandano al nunzio e alla Santa Sede lettere entusiaste in cui ne vantano la capacità di raccogliere fondi per la carità del papa e la vita della Chiesa e di stabilire relazioni importanti con il mondo laico. A ben pensarci l’idea di episcopato che ne viene fuori è quella non di pastori ma di uomini in carriera, che danno importanza quasi esclusiva al denaro, più simili ai potenti della terra che agli inviati di Cristo.
Se si considera che le accuse accertate riferite nel Rapporto riguardano un arco di almeno quaranta anni e la difficoltà di una indagine che va tanto indietro nel tempo, il documento vaticano dimostra una cura apprezzabile nella ricerca di riscontri, nel metodo di lavoro, nell’esame degli archivi, nell’ascolto dei testimoni e delle vittime. Il documento precisa comunque che “Il 5 dicembre 2000, poco prima della sua partenza per Washington, l’Arcivescovo McCarrick chiese a un membro del suo staff a Newark di recuperare alcuni documenti amministrativi dagli archivi. I fascicoli recuperati includevano la corrispondenza dell’Arcivescovo McCarrick con il Nunzio Apostolico negli anni dal 1990 al 1994, che comprendeva il periodo delle lettere anonime del 1992-1993. Questo materiale sembra non essere mai stato restituito agli archivi diocesani di Newark”.
La sentenza di colpevolezza emessa dalla Congregazione per la dottrina della fede nel gennaio 2019, e confermata il mese successivo respingendo il ricorso dell’ex arcivescovo di Washington, condanna McCarrick per “sollecitazione durante il sacramento della confessione e peccati contro il sesto comandamento con minori e adulti, con l’aggravante dell’abuso di potere”. E’ dopo la vicenda McCarrick e quella per certi aspetti simile esplosa nel 2018 in Cile con le accuse al sacerdote Fernando Karadima che papa Francesco sta cercando di responsabilizzare  in primo luogo i vescovi nella lotta agli abusi sessuali, di rafforzare procedure giuridiche, indagini e controlli, di diffondere nella Chiesa una cultura anti-abusi che protegga i piccoli e i fragili, e assicuri la santità di sacerdoti e vescovi. Un cammino lungo e complicato, in cui la cura delle vittime costituisce comunque un punto di non ritorno.

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© 2019 Giovanna Chirri

© 2020 Giovanna Chirri