Tutto comincia con la curiosità di un giornalista italiano, cattolico che lavora per la testata laica Tg2, nei confronti di un arcivescovo argentino che usa la metropolitana, non ha un segretario e, nonostante gli anni passati sui libri di teologia durante la lunga formazione da gesuita, predica in modo da farsi capire dal popolo. Si passa dalla curiosità alla conoscenza quando l’arcivescovo celebra a Roma presso la basilica di San Lorenzo e il giornalista ne trova stimolante la predicazione, lo incontra poi a cena a casa di amici romani e comincia un carteggio via e-mail su temi personali, ecclesiali, di fede; una volta si fa anche confessare dal cardinale. La storia di questo legame spirituale e umano ha una svolta senza precedenti e uno sviluppo ancora più interessante, quando l’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio, viene a sorpresa eletto papa. Dopo sette anni dall’elezione il giornalista, Lucio Brunelli, ha affidato il racconto di questa singolare esperienza al suo “Papa Francesco. Come l’ho conosciuto io”, Edizioni San Paolo, uno dei rari libri sul papa argentino che valga davvero la pena di leggere.
La narrazione dell’incontro di due persone così diverse per situazione, scelte di vita, età ed esperienze è la molla che mi ha spinto alla lettura: Brunelli, raccontando episodi inediti e editi, fa luce con delicatezza sulla dimensione spirituale profonda e sulla verità di tanti gesti e interventi del vescovo di Roma. Aiutare a comprendere la sincerità umana e la verità di questo papa è a mio avviso la componente più interessante di questo libro. Emerge anche tutta l’umanità dell’autore, ben riassunta in quel “pensavo a cosa sarebbe stato ora del nostro rapporto. Ci saremmo più sentiti?” che Brunelli si chiede con preoccupazione la sera dell’elezione del papa argentino, mentre insieme alla sua troupe è al lavoro in piazza San Pietro.
Oltre questo aspetto che solo ogni lettore può apprezzare direttamente, il libro di Brunelli, – che nei sette anni trascorsi dall’elezione di Bergoglio è prima passato a dirigere la televisione e il circuito radiofonico della Cei e poi è andato in pensione – fornisce elementi interessanti circa il pontificato del primo papa gesuita della storia della Chiesa e circa alcune questioni legate a vizi e virtù della comunicazione del papa e sul papa. Tra i tanti elementi che riguardano il pontificato, alcuni inediti, segnalo in particolare il fatto che già a dicembre del 2013 papa Bergoglio confida al giornalista: “Le prime resistenze sono cominciate” e accenna allo atteggiamento ostruzionista che avvertiva in alcuni settori della Curia. Noi giornalisti, dal basso, avevamo percepito malumori – nel mirino erano soprattutto le scelte papali che scardinavano consuetudini secolari, come il rifiuto di abitare nell’appartamento pontificio – ma le parole del papa sembrano segnalare, a nove mesi dall’elezione, qualcosa di più. E una sua consapevolezza del problema che dall’esterno non avevamo colto.
Un’altra circostanza inedita è che i tentativi di dissuadere Francesco a visitare la Repubblica Centrafricana proseguirono fin sul volo di andata: “’Io voglio andare in Centrafrica , se non ci riuscite, datemi un paracadute!’ scherzò, (ma non troppo) con il pilota dell’Alitalia”. Era il 29 novembre del 2015, Bergoglio andava in uno dei paesi più poveri del mondo per aprire il Giubileo della misericordia, mentre il 13 novembre Parigi era stata sconvolta da una notte di violenza scatenata dall’Isis e culminata con la strage nel teatro Bataclan, in cui morirono 90 persone. Prima del viaggio il comandante della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani, aveva spiegato che non c’era nessuna minaccia specifica nei confronti del papa, ma anche io ricordo che le voci di una cancellazione della tappa centrafricana giravano con insistenza tra gli accreditati sul volo papale perfino la sera che precedette il nostro trasferimento dall’Uganda a Bangui. Non immaginavo che fossero qualcosa più che timori di qualche collega fifone.
Alla fine del 2017 Brunelli deve tenere una conferenza sulla comunicazione del papa e, volendo mettere in luce anche due punti che ritiene critici, li sottopone a papa Francesco. Il giornalista critica la “moltiplicazione eccessiva degli interventi: omelie, discorsi, interviste,…. Una inflazione di testi che rischia di svalutare, nel tempo il valore delle sue parole”. Su questo il papa non solo concorda, ma confida che sta già lavorando alla riduzione delle esternazioni, e che gli era già arrivata da altri la sua stessa osservazione. Il secondo punto critico segnalato da Brunelli è “la personalizzazione eccessiva della figura del papa”. “Un rischio che – riferisce il giornalista – lui riassumeva così: ‘Un leader, sì, … ma separato dall’istituzione e dal popolo”.
Le pagine del libro sono ricche di informazioni, racconti, riflessioni, anche su come papa Francesco guarda ai suoi “detrattori” e ai “leccacalze”; sul ruolo della tv nel parlare di fede; sul rapporto tra Bergoglio e il predecessore, anche prima della rinuncia di questi al pontificato. Dato il ruolo giocato da Bergoglio nel conclave del 2005 – quando rifiutò voti fatti convergere sulla sua persona solo per bloccare l’elezione di Ratzinger – e dato il ruolo di Brunelli nel raccontare all’opinione pubblica quanto accadde durante quel conclave, la storia del legame tra il giornalista e il papa è una fonte ricchissima per chi si interessa degli ultimi tre pontificati. Ma tanto più ricchi sono i percorsi di umanità generati da questo incontro, ben espressi da Brunelli nel raccontarne i primi passi: “Non era più solo la curiosità del giornalista, c’era qualcosa di più che mi interessava in quest’uomo, il segreto della sua pace”.
IL SEGRETO DELLA PACE DI BERGOGLIO. IL PAPA COME LO HA CONOSCIUTO UN GIORNALISTA
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© 2019 Giovanna Chirri