Una testa mozzata, due serpenti, maschere e colonne campeggiano nel murale di marmo a parete intera che fronteggia chi entra nel salone: l’hanno lasciato intatto come l’aveva voluto il boss Michele Zaza, al quale la villa di Posillipo è stata confiscata nel 1985. L’hanno lasciato lì come segno di come dal male estremo, se si innesca un cambiamento, possa nascere qualcosa di buono. E’ un po’ segno di quel “pensare al rovescio”, di quella “logica capovolta” verso i “disabili” su cui ha scommesso a Napoli il Centro sociale polivalente “Le Gloriette”, gestito dalla Cooperativa Orsa Maggiore, che dal 2010 nella villa che era del boss aiuta persone fragili a conquistare autonomia, li coinvolge in progetti di cittadinanza attiva e cerca di inserirli nel mondo del lavoro.
Attualmente sono una sessantina le persone accompagnate in questo servizio unico a Napoli, una quarantina nella fascia tra i 15 e i 35 anni che frequenta in modo continuativo, e una decina di adolescenti che partecipano ad alcune attività pomeridiane. C’è una lunga lista d’attesa, benché il luogo, – splendido, con terrazza che si affaccia sul Golfo – non sia facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. Tra poche ore il papa sarà a pochi metri da qui, per intervenire al convengo sulla teologia nel Mediterraneo presso la Facoltà teologica San Luigi, affidata ai gesuiti. Al gesuita Carlo Greco è affidata la parrocchia di San Luigi, vicina alla Facoltà, che fa parte della Rete di sostenitori, finanziari e non solo, delle Gloriette. Il viaggio del papa a Napoli è tutto incentrato sulla teologia per il Mediterraneo, ma cooperanti e ospiti delle Gloriette guardano a distanza alla sua presenza a Napoli con attenzione e simpatia, percependo come proprio l’impegno del papa per l’inclusione e contro gli “scartati”. A distanza perché il Centro, collocato a dieci minuti dalla Facoltà sulla stessa via Petrarca, sarà ingabbiato nella rivoluzione del traffico urbano causata dalle misure di sicurezza.
I giovani che frequentano le attività, hanno disabilità organiche o disabilità dovute a esperienze traumatiche infantili, e forme di ritardo che producono marginalità sociale e limitazioni nella autonomia. Ma qui sono visti non come disabili da guarire ma come cittadini che fanno le cose in modo diverso. Ho visitato per la prima volta le Gloriette circa tre anni fa accompagnata da Marianna Giordano, socia fondatrice della Orsa maggiore, che nel 2010, quando era presidente della Cooperativa, firmò la convenzione con il Comune per l’assegnazione e la sostenibilità di questo bene confiscato alla mafia. Alla vigilia dell’arrivo di papa Bergoglio le ho chiesto di aggiornarmi sulla situazione delle Gloriette.
“Ci muoviamo su due filoni – mi spiega – l’attività di Casa Glo e le esperienze di rapporto con il territorio e di cittadinanza attiva”. Gloriette è il nome del parco all’interno del quale sorge la villa che era di Michele Zaza, un nome che a Napoli fa ancora paura. Oggi il contrabbando è crimine di minor diffusione e potenza, ma non era così ai tempi di Zaza, morto nel ’94 e arrestato nell’85, noto per la sua crudeltà – oltre che per la passione per le ville di lusso – e per aver scatenato una sanguinosa guerra contro il clan di Raffaele Cutolo. A Napoli il nome fa dunque ancora effetto, e così si è scelto “Casa Glo” per indicare i progetti in sede, rivolti a disabili non gravi, sia psichici o fisici, sia ha chi è fragile a causa di situazione sociali e familiari.
Le attività si svolgono dal lunedì al venerdì in sessione mattutine e pomeridiane o in “uscite” verso la città. Si sta sperimentando anche la possibilità per alcuni di vivere insieme in appartamento per alcuni giorni. Le giornate sono organizzate in attività distinte in diverse aree: “autonomia, cura del sé, essere protagonisti”, “socio educative”, “socializzazione e animazione”, “costruzione di cammini meno solitari”.
“Il rapporto con la città – sottolinea Giordano – è molto costruttivo, creiamo occasioni di incontro con le scuole, con diverse associazioni professionali e attività del territorio, sia come esperienza per i nostri ospiti che per farci conoscere e creare legami e collaborazioni. Con la Associazione Tutti a scuola, Orsa Maggiore ha dato vita a Spa.Co (Spazio condivisione) per i ciechi di ogni età dell’Istituto Martuscelli”. Ci sono contatti del Centro con Wunderkammer, che porta teatro e musica in luoghi insoliti di Napoli, mentre Casa Glo ospita eventi culturali, cene sociali per la promozione del Centro, mostre mercato di prodotti realizzati dai ragazzi, presentazione di libri. I ragazzi di Casa Glo partecipano inoltre a occasioni di cittadinanza attiva, come la pulizia di spazi pubblici o delle spiagge, e iniziative per la legalità, come il Festival dell’ impegno
civile e il Festival della legalità.
“Questa rete di attività e esperienze sostiene i ragazzi nel percorso di uscita dal Centro sociale, alla ricerca di lavoro e di un inserimento lavorativo autonomo: è la parte più difficile del nostro impegno, perché se abbiamo successo nel creare autonomia e farli camminare con le proprie gambe, il contesto sociale che li attende non è facile. Tutti tendono a restare più dei sei mesi-un anno in genere necessari, c’è chi resta anche uno o due anni, noi tendiamo a farli uscire, ma se poi fuori c’è il deserto…”.
L’inserimento nel mondo del lavoro è una nota dolente: “ ci sono aziende – racconta Giordano – che prendono i ragazzi in tirocinio lavorativo per ottemperare agli obblighi di legge, ma non gli fanno fare niente, preferiscono tenerli da una parte senza far niente, per non avere problemi, e per i ragazzi questo è una esperienza dannosa”. “Ci stiamo muovendo sempre più – prosegue – nelle attività da fare in sede, come il cucito e la produzione di tessuti e abiti, o il catering: è più facile produrre in un ambiente che conosci e dove nessuno ti stressa sui tempi, e per il servizio esterno si possono impiegare quelli più adatti a questa incombenza; è una idea che ci hanno dato gli amici di una cooperativa di Padova e sembra risolutiva per i nostri casi”.
Lavorano nel centro sette tra psicologo, assistenti, cuoco, giardinieri e manutentori, e venti volontari. Il Centro ha bisogno per vivere di 168mila euro all’anno, che da quando nel 2016 non ci sono più contributi pubblici, vengono messi insieme grazie alla Fondazione San Zeno e a una Rete di sostenitori e benefattori delle famiglie in disagio sociale. Della Rete , come dicevamo, fa parte anche la vicina parrocchia di San Luigi, che oltre ai fondi, aiuta con progetti comuni, come il recente corso di alfabetizzazione informatica tenuto da alcuni parrocchiani per gli ospiti di Casa Glo. Oltre alla vicinanza fisica e operativa sembra esserci un legame più forte: la Cooperativa è nata nel ’95 quando, racconta Marianna Giordano, “eravamo giovani e andavamo appresso ai gesuiti, impegnati nel Rione Traiano”. Di quel gruppo di giovani volontari che andavano “appresso ai gesuiti”, tutti provenienti da famiglie benestanti di Napoli, ognuno ha poi preso la sua strada, molti non vanno più appresso ai gesuiti, molti hanno comunque conservato una sensibilità a includere, aprire cammini, tendere la mano.
Chiedo a Marianna Giordano quali siano i punti di forza e di debolezza del Centro. “Il punto di forza – osserva – è nel fatto che l’esperienza si sta strutturando, abbiamo un modello e una capacità di sperimentare soluzioni diverse; le esperienze di protagonismo ed inclusione sociale in questi anni di lavoro si sono consolidate delle buone pratiche che hanno fatto in modo che il riutilizzo sociale della Gloriette sia ormai diventato patrimonio e punto di riferimento per cittadini e soprattutto di una fascia vulnerabile di questi”, “si è costruita una buona rete a supporto delle attività del Centro, ormai un Servizio stabile, utile e apprezzato nel territorio”.
“E non dimentichiamo – aggiunge – che tutto questo impegno produce anche lavoro, assicurato e retribuito, dal ’95 con la Cooperativa, e ventiquattro anni così non sono poco, specialmente nella situazione di Napoli”. “Il punto debole direi è che non c’è una linea nelle politiche socio sanitarie che ospiti il nostro pezzo di attività, e in Campania lo sforzo per la autonomia e la cittadinanza attiva non te lo sostiene nessuno: non c’è un assessorato di riferimento perché non rientriamo completamente né in quello per i giovani né in quello per le disabilità fisiche. Ci sono scatole chiuse e noi siamo tra coloro che son sospesi. E’ il prezzo da pagare per un filone di innovazione, quando esci dalle etichette consolidate”.
Per far marciare l’Orsa Maggiore, Marianna Giordano ha lasciato l’incarico di giovanissima e brillante direttore del servizio sociale adulti del ministero della Giustizia. Le chiedo se, a distanza di tanti anni, si sia pentita di quella scelta. “Non mi sono mai pentita, vivo senza pentimenti – spiega – a volte con molta fatica, ma senza pentimenti”.
© 2019 Giovanna Chirri