Premi "Invio" per saltare al contenuto

‘NON CAMBIEREI LA UE CON ALTRI, NÉ L’EUROPA CON UN ALTRO CONTINETE’. MONS. SUDAR: MIGLIORARE GIUSTIZIA E CONVIVENZA. I VESCOVI ITALIANI NON SONO FAN DI SALVINI

Se potesse voterebbe per le europee. E’ convinto che chi è nato dentro l’Europa comunitaria non si ricordi di quanto vale ciò che possiede: niente confini, una moneta per tanti paesi e 70 anni senza la guerra. Certo la Ue si può migliorare, ma lui non cambierebbe “la Ue con un’altra associazione né l’Europa con un altro continente”. E’ vero che la Ue non ha imparato niente dalla guerra nei Balcani, ha fallito ieri e sta fallendo oggi perché “non ha una politica estera autonoma” e invece di “favorire la convivenza di diverse identità”, “perde tempo a litigare sugli immigrati, che è assurdo perché in Europa siamo tutti immigrati”. Lo afferma mons. Pero Sudar, vescovo cattolico ausiliare di Sarajevo, croato della Bosnia Erzegovina, riflettendo inoltre su ciò che non ha funzionato negli accordi di Dayton, sulle caratteristiche dell’islam bosniaco, sulla influenza nei Balcani di Turchia, Qatar e Emirati Arabi, e sulla penetrazione commerciale della Cina. Da mons. Sudar anche una osservazione sui vescovi italiani, che nel dibattito preelettorale nostrano qualcuno ha indicato come “fan di Salvini” : “non mi sembra proprio, tutto quello che dicono pubblicamente non è su quella linea, e non da adesso, conosco meno bene questa nuova generazione, ma non mi sembra davvero”.

“Se avessi la possibilità certo che voterei per l’Europa, per voi la Ue esiste più o meno da quando siete nati e non vi rendete conto di quanti benefici per la vita normale offre una associazione come questa: prima dovevo passare i confini, – anche oggi, però non così rigidi, – e avevamo paura nonostante uno fosse sicuro di non aver fatto niente, avevamo paura per come venivamo trattati al confine jugoslavo. Oggi quando passo senza confini, è una cosa che dà il senso della libertà. Inoltre tanti paesi con una sola moneta, non ci rendiamo conto, e 70 anni senza guerra”. Comincia così la conversazione con mons. Pero Sudar, 68 anni, vescovo cattolico, ausiliare di Sarajevo e promotore delle scuole interetniche di Bosnia-Erzegovina. Il presule croato è  a Roma ospite della assemblea generale della Cei a pochi giorni dal voto per rinnovare il Parlamento europeo.

“Voi lo sapete – prosegue mons. Sudar – però mi sembra che certe volte lo dimentichiate, io non cambierei la Ue con un’altra associazione né l’Europa con un altro continente. Certamente però deve migliorare, perché i più ricchi decidono su tutto, e dovrebbe essere mutato qualcosa in senso organizzativo a vantaggio delle piccole nazioni”.

I 70 anni di pace in Europa hanno visto però le guerre nei Balcani, che mons. Sudar ha subìto accanto al suo popolo: fu nominato ausiliare di Sarajevo da papa Wojtyla durante il terribile assedio della città, durato quasi quattro anni e al termine del quale, nel ’95, finì la guerra.

“La guerra balcanica è stata in Europa, – commenta mons. Sudar – ma in quella parte dell’Europa che non faceva parte della Ue, e questo è da considerare, certo l’Ue ha mostrato debolezze rispetto alla nostra guerra, ha messo in evidenza liti tra i Paesi che purtroppo hanno favorito il peggioramento, e poi ha lasciato che gli Stati Uniti decidessero tutto”. “La Ue ha fallito e penso che continui a fallire nei rapporti con la Russia. La politica estera della Ue non esiste, e questo è un problema anche oggi”.

Ma lei crede che se la ex Jugoslavia fosse stata nella Ue la guerra nei Balcani non ci sarebbe stata?

“Difficile dirlo, c’erano tanti problemi di fondo anche in ex Jugoslavia, ma i problemi venivano sempre nascosti e taciuti, e invece per natura devono esplodere, se ci sono ingiustizie tra diversi popoli; e questo forse è anche nella Ue: una associazione per quanto buona se non c’è uguaglianza non esiste, nella ex Jugoslavia c’erano più soldi e benessere che in tutto il blocco sovietico, ma non ha voluto risolvere i problemi di ingiustizia, perché uno voleva tutto a scapito degli altri, e non ha funzionato. Così per la Bosnia-Erzegovina: oggi molti dicono ‘facciamo parte della Ue e risolviamo il problema’, ma se rimaniamo divisi e contrapposti l’Ue non ci può aiutare, il malato può essere sostenuto ma per camminare da solo deve guarire”.

L’ausiliare di Sarajevo segnala come la contrapposizione  tra Stati Uniti e Russia anche oggi si rifletta sui paesi Balcanici. “La fine militare della guerra in Bosnia e l’assetto imposto dagli Stati Uniti con gli accordi di Dayton ha riprodotto le divisioni dei paesi europei che appoggiavano ognuno il loro: invece di aiutarci ci hanno invitato a dividerci, con i loro interessi sia storici che altro. La soluzione che è stata imposta non era per noi, ma quella che andava bene agli americani, cercando di dividerci dalla Russia. Questo dimostra che con questa situazione non si vive, non può migliorare qualcosa che è stato messo storto, se si rompe un osso prima lo devi ricomporre, solo dopo poi lo puoi ingessare”.

Ma allora la situazione nei Balcani è irrisolvibile?

“Purtroppo non vedo la soluzione, perché poteva venire solo da coloro che hanno imposto questa soluzione politica e vedono chiaramente che non funziona o non può funzionare. Un medico onesto, se la cura non funziona, cambia la terapia, io non vedo né capacità né volontà degli Stati Uniti di cambiare qualsiasi cosa in favore dei popoli e stati balcanici, perché non vogliono togliersi questa dominazione sul Kossovo che è un loro satellite, il Kossovo funziona come stato indipendente da 20 anni e non è neppure possibile convincere la Serbia ad accettare il Kossovo come del tutto senza serbi: allora chiedono che almeno la Serbia sia solo per i serbi, questo vuol dire che la Bosnia-Erzegovina come stato a sé non può funzionare. Allora una Federazione? Ma se ognuno dei tre popoli ha rivendicazioni contro l’altro la Bosnia-Erzegovina si spaccherà, la spaccatura è inevitabile”.

Pensa che la la guerra nei Balcani possa riesplodere, o la lezione è servita?

“Purtroppo o per fortuna non temo la guerra, perché non ne siamo capaci, siamo sotto controllo assoluto, gli Usa hanno disarmato la Bosnia-Erzegovina , hanno dato le loro armi, che funzionano solo con le loro munizioni, e le munizioni le fabbricano gli Usa. L’Alto rappresentante dirige tutto, siamo come una colonia. Non c’è onestà da parte degli Stati Uniti, non c’è equità  da parte della Ue, ecco perché dico che è stata scelta la soluzione peggiore. La guerra non è mai giusta né mai risolve i problemi, però quando il medico non rompe l’osso guarito male, vuol dire che non vuole cambiare la serratura”.

Allora nessuno ha imparato niente?

“Non credo che siano stupidi per non vedere la realtà, credo che siano disonesti per dire la verità: la gente se ne va via, ogni anno almeno 15mila cattolici giovani e famiglie, in tutta la Bosnia-Erzegovina circa 60mila all’anno”.

Mons. Sudar calcola che i croati cattolici in Bosnia-Erzegovina erano 850mila e oggi sono 430mila, ogni anno emigrano in 15mila e “possiamo già calcolare quando il terzo popolo non ci sarà più e se continua così vuol dire che la Bosnia-Erzegovina da se stessa si spaccherà. Avremo per forza i musulmani con maggioranza assoluta, e per forza per avere buoni rapporti con i musulmani tradizionalisti si dovranno piegare. Faccio riunioni – racconta il vescovo cattolico – con circa 10 intellettuali islamici, che temono questa situazione, perché nei tradizionalisti c’è qualcosa che non combacia con la natura dei nostri musulmani, ma se abbandonati da tutti non possono fare altro. A chi potrebbe andare bene uno scenario così? Perché nessuno vuole vedere la realtà? Perché nessuno vuole fare un nuovo Dayton? E dire ‘abbiamo provato a fare come volevate voi, però non funziona, dobbiamo rivederlo per far funzionare il Paese’, senza negare questa identità , però sottolineare l’unione, la collaborazione, senza quello non c’è futuro per nessuno. Sono convinto che il nostro popolo composto da tre etnie sarà capace di prendere la via di interetnicità, interreligiosità, interculturalità”.

E’ in questa prospettiva di confronto tra identità diverse che mons. Sudar partecipa al gruppo di riflessione con dieci esponenti musulmani, “professori di filosofia islamica, morale islamica, educazione islamica, c’è anche uno scrittore, Enes Karic, e un agnostico, Ivan Lovrenic, ogni mese -racconta – ci incontriamo, discutiamo su tutto, specialmente la situazione politica, se c’è un contributo che possiamo dare; non si può vivere da onesto e credente e neppure da intellettuale senza cercare di dare il proprio contributo alla guarigione sociale, per ora siamo solo bosniaci musulmani e croati cattolici, siamo aperti anche ai serbi, però sulla base di un criterio serio: non può far parte chi si è compromesso con comportamenti nazionalistici durante la guerra né chi ha esagerato facendo  dichiarazioni contro gli altri e diffondendo i nazionalismi”.

Mons. Sudar ritiene che la gente balcanica abbia “imparato: ha nella sua indole la capacità di convivenza, però se è stata sempre strumentalizzata per scopi politici e si è lasciata coinvolgere in una guerra terribile, il sentimento di essere oppressi pesa su tutte le etnie, è facile strumentalizzarlo. Ma sono testimone che la nostra gente è capace di convivere rispettandosi a vicenda, però chi è in grado oggi di aiutare questo processo? Dovrebbe essere la Ue, ma se vedi come litigano tra loro sugli immigrati, non ha senso, si sa che senza immigrati l’Europa non sarebbe esistita, però litiga e non si mette d’accordo, come aiutare questo governo che scappa da questa situazione? In fondo gli europei non sono senza colpe storiche”. Più che radicalizzare sofferenze e rivendicazioni delle minoranze, – ipotizza il cronista – anche nei Balcani la soluzione sembrerebbe la cittadinanza comune, con uguali diritti e doveri per ogni popolo, quel passaggio da minoranze a cittadini che il papa ha suggerito durante il suo viaggio negli Emirati Arabi.

Mons. Sudar è d’accordo e cita “l’ esempio delle nostre scuole interetniche: essendo cattolici – spiega – riconosciamo anzi incoraggiamo alcuni musulmani a frequentare le loro lezioni di religione, ed è proibito che i bosniaci con genitori islamici frequentino le lezioni di religione cattolica; con questo papa grazie a Dio abbiamo avuto la direttiva certa di evitare il proselitismo, perché prima era un problema, e noi abbiamo già tante difficoltà”. In tutta la Bosnia-Erzegovina frequentano le scuole interetniche 4500 studenti, e a Sarajevo circa 1630, e le scuole non riescono ad accogliere tutte le richieste di iscrizione. Nel Paese c’è una attenzione forte da parte di paesi islamici, il presidente turco Erdogan ha di recente visitato Sarajevo, e molte moschee nel Paese sono state costruite dal Quatar e dagli Emirati Arabi.

“La comunità islamica in Bosnia-Erzegovina – commenta mons. Sudar – ha un problema, e non lo nasconde: tutti i portatori di aiuti umanitari durante e dopo la guerra sono stati anche i ‘missionari’ di un certo tipo di islam, che i nostri musulmani non volevano, hanno occupato anche le moschee; il nuovo gran mufti ha dato un ultimatum: tutte le moschee devono tornare sotto la sua giurisdizione, e ha chiesto l’aiuto dello Stato. Vuol dire che l’islam della Bosnia Erzegovina deve restare quello che era, aperto, dialogante; nel corso della storia abbiamo imparato a convivere e penso che resisterà a questa tentazione, perché sono stati portati come tutti noi in questa guerra, solo che a volte hanno sbagliato a interpretare la guerra, dicendo che è stata fatta per uccidere l’islam in Bosnia Erzegovina: questo non è vero, i soldati nello stesso modo hanno ucciso tutti, islamici e non, hanno distrutto sia chiese che moschee. Tutto questo nega una teoria lanciata purtroppo dall’ex gran mufti, e la gente quando soffre crede anche alle cose non vere. La nostra gente non teme l’islam come una minaccia, ma teme che gli islamici possano sentirsi vittime di questa soluzione politica imposta e cerchino di allearsi con gente come Erdogan. E la Turchia vorrebbe uno stato indipendente con i territori ex ottomani, questo fa paura”.

“ Secondo la sua fede, – rimarca mons. Sudar – un islamico dovrebbe cercare di organizzare tutta la società secondo le leggi del Corano, e gli altri? Vediamo come vengono trattati quelli di altre religioni nei paesi islamici. Allora bisogna cambiare impatto politico, ho speranza che le nostre piccole iniziative di convivenza riescano a dare fiducia alle minoranze di sopravvivere fino a che venga un tempo più favorevole per una vita normale. Non vedo altra via, e lì che la chiesa ha davanti una sfida, di appoggiare moralmente la propria gente, creare questo legame con gli altri, curare tutto quello che favorisce questa convivialità sana, quello è il futuro del mondo, se non troviamo la capacità di accettarci, le differenze, e accettarlo una società solidale, … e questo vale per tutto il mondo, non solo per noi”.

Ma nelle ultime elezioni il partito interetnico ha preso pochi voti. “Purtroppo da noi – spiega il vescovo – non ci sono ancora i partiti interetnici, anche quelli che si chiamano così dal 2010 al 2014 al potere, hanno fatto cose disastrose, mettendosi a proporre l’ideologia bosniaca, non volendo nessuna collaborazione con i serbi e croati”. Un problema serio del suo Paese, spiega mons. Sudar, è che “pochi capiscono la complessità della situazione e non sono esasperatamente incentrati solo sui propri interessi. Non siamo più capaci – commenta – di sentire le ferite degli altri. E io non posso essere una persona onesta, un cristiano onesto, se almeno non cerco di capire le sofferenze dell’altro, di cercare i suoi interessi, se penso di essere ferito solo io. Identità non è solo le guerre del passato, è qualcosa che va oltre ed è capace non di dimenticare che quello che ci siamo fatti non era bene, non bisogna dimenticarlo, e per non rifarlo bisogna prendere una certa distanza”.

“Ho tanta fiducia nell’uomo asiatico, nei suoi valori, nel suo rispetto per la natura e la persona – afferma mons. Sudar interpellato sulla presenza cinese nei Balcani – quando penso all’Occidente penso che la sua salvezza possa venire dall’uomo asiatico. E’ vero che la Cina sta comprando molto nei Balcani, e che il ponte di Dubrovnik lo ricostruiscono portando i loro lavoratori, ma non vedo colpe della Cina, quella non costringe nessuno, siccome non lo fa nessuno di noi, lo fanno loro. Prima compravano gli Stati Uniti, e non è che siano stati sempre onesti”.

Condividi

© 2019 Giovanna Chirri

© 2020 Giovanna Chirri